LA CARTA

MATERIE PRIME


Pasta di legno

Sono lontani i tempi in cui le materie prime per la produzione cartaria erano vecchi stracci di lino e di canapa; le tecnologie di trasformazione del legno sono state messe a punto, fino a disporre oggi di masse fibrose, le paste di legno, idonee per i moltissimi tipi di carte e cartoni.
Cerchiamo di esaminare in dettaglio il percorso che, partendo dal legno, ci consente di arrivare al foglio di carta.

Inizialmente il legno è sottoposto ad una serie di operazioni: la scortecciatura dei tronchi, con scortecciatrici meccaniche con coltelli, od idrauliche con acqua ad alta pressione: la sminuzzatura con sminuzzatrici a coltelli che riducono il legno in minuzzoli (chips), scaglie lunghe e larghe 3/4 cm. spesse 3/6 mm.

Con i tronchetti scortecciati o con i chips si producono le paste che vengono impiegate per la fabbricazione della carta: esse possono venire suddivise secondo il sistema di produzione in tre classi principali: meccaniche, chimiche, chemimeccaniche e semichimiche.

Paste meccaniche: sono quelle ottenute con procedimenti che ricorrono all'impiego di sola energia meccanica per vincere i legami esistenti fra le fibre nei vegetali.
Paste chimiche: sono quelle che sono state ottenute con processi che effettuano la scissione dei legami esistenti fra le fibre facendo esclusivo impiego di energia chimica.
Paste chemimeccaniche e semichimiche: comprendono quelle ottenute con procedimenti che per realizzare la separazione delle fibre utilizzano energia chimica congiuntamente ad energia meccanica.

Le paste legno (paste meccaniche di legno) sono ottenute dal legno in mezzo acquoso con sistemi essenzialmente meccanici.

Esistono tre grandi categorie di paste meccaniche:

  1. la pastalegno da sfibratori
  2. la pastalegno da raffinatori
  3. la pasta termomeccanica.

La pasta da sfibratori è ottenuta sfibrando i tronchetti di legno, scortecciati e umidificati su delle molle abrasive. La pasta è composta da fibre lunghe, fibre corte, fibrille e da elementi fini.
Il legno generalmente impiegato proviene da piante resinose (abete, pino) ma, specialmente in Italia, sono impiegati legni di latifoglie (pioppo, betulla, salice).
Il rendimento "pasta/legno" al secco assoluto è molto elevato, nell'ordine del 90/95%.

La pastalegno da raffinatori è ottenuta dai trucioli (chips) di legno defibrati in uno o più stadi in raffinatori a semplice e doppio disco.
Il vantaggio principale è la produzione di paste con caratteristiche meccaniche superiori a quelle da sfibratori; ciò è dovuto ad una minore degradazione delle fibre ed alla possibilità di ottenere una frazione più elevata di fibre lunghe.

Il processo termomeccanico costituisce una innovazione nella fabbricazione della pastalegno.
Nel corso delle ricerche sulla pastalegno da raffinatore, fu constatato che le caratteristiche meccaniche della pasta miglioravano se, prima della loro introduzione tra i dischi del raffinatore, si preriscaldavano i chips ad una temperatura superiore ai 100°C.
Il preriscaldamento sotto pressione determina un rammollimento della lignina, che è, insieme alla cellulosa, il principale costituente del legno. Si ottiene cioè un rilassamento della lignina che costituisce l'interfibra, il legno può così essere defibrato senza danneggiare le fibre, producendo meno schegge ed accrescendo il tenore di fibre lunghe; complessivamente migliorano le caratteristiche meccaniche della pasta ottenuta.

Con il processo chimico il legame di lignina fra le fibre del legno viene scisso da opportuni agenti chimici che ne provocano la dissoluzione ad un punto tale da rendere possibile la completa separazione delle fibre singole, ad esempio con una semplice azione di spappolamento (polpaggio).
E' evidente che l'azione dell'energia chimica, essendo molto selettiva (lignina), determina l'ottenimento di una fibra fisicamente integra, chimicamente purificata, molto flessibile in seguito all'eliminazione dello strato rigido esterno di lignina.

L'energia meccanica invece non possiede le caratteristiche selettive dei reattivi chimici per cui agisce indiscriminatamente sulla struttura del legno, dando rese in pasta molto elevate, ma determinando nel contempo rotture indiscriminate su tutti gli strati ed in tutte le posizioni delle pareti fibrose; gli elementi della pasta risultante perderanno quindi gran parte della loro integrità originale mentre si sarà rispettata in modo assoluto la loro composizione chimica.

Qualora l'impiego di energia chimica non sia portato sufficientemente avanti da pervenire al punto di liberazione delle fibre, il legno conserverà ancora parte della compattezza iniziale per cui, per ottenere la separazione delle fibre, occorrerà far ricorso all'impiego di energia meccanica, che sarà tanto più necessaria quanto meno spinto sarà stato il trattamento chimico.

I processi che oltre ad un trattamento chimico comportano anche un secondo trattamento meccanico con l'impiego di macchinari di tipo speciale, vengono chiamati chemimeccanici e semichimici.

Carta da macero recuperato

Alle materie prime tradizionali, paste di legno, dobbiamo aggiungerne un'altra già molto usata e che andrà sempre più diffondendosi: la carta da macero.

La tendenza al maggior utilizzo dei maceri è effetto di più cause concomitanti tra cui le principali sono:

  1. La necessità di conservare il patrimonio forestale. Di fronte a difficoltà sempre maggiori per reperire la materia prima legnosa abbiamo la disponibilità di carta da macero continua e crescente man mano che aumenta il consumo di carta; come conseguenza a questo stato di cose da più parti si sta guardando alla carta da macero come a una nuova importante fonte di materia prima.
  2. Il costo di questa materia prima, nettamente inferiore alle altre.
  3. La messa a punto di sistemi sempre più razionali e sofisticati per il trattamento delle fibre di recupero.
  4. L'affermarsi dell'uso dei contenitori a perdere che consentono l'impiego specifico di fibre economicamente e tecnicamente valide quali sono quelle ottenibili dai maceri.

Per avere però un quadro completo e reale è necessario tener conto di alcuni fattori negativi propri delle fibre di recupero:

  1. Proprietà fisiche inferiori a quelle delle corrispondenti fibre vergini.
  2. Bassa scolantezza dovuta alla presenza di parti fini che vanno ad ostruire gli interspazi tra le fibre.
  3. Basso grado di pulizia in quanto alcune impurità sono separabili con molta difficoltà e sempre in modo imperfetto dalle fibre.

E' utile soffermarci ancora un momento su questo problema. Nelle carte da macero è presente un gran numero di impurità: plastiche soprattutto ma anche vetro, fermagli di ferro, sabbia e paraffine.
La separazione di questi materiali estranei in modo totale è molto difficile se non si dispone di macchinari sofisticati e tecnologicamente avanzati.

E' auspicabile perciò il consolidarsi di una mentalità maggiormente orientata verso una raccolta differenziata ed una maggior selezione dei maceri, primo passo indispensabile per contribuire a risolvere anche un altro grosso problema che è quello della raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani.

 

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